02 August 2017

Fuoristrada vietato: proposta incostituzionale

Divieto di moto su strade bianche, sentieri, tratturi e mulattiere: così vorrebbe una proposta di modifica del Codice della Strada. Ma l’emendamento, ad esclusivo vantaggio di certe categorie o associazioni (come il CAI) e non a tutela dell’interesse collettivo, sarebbe un disastro per l’offroad, ma soprattutto si dimostra senza fondamento e incostituzionale

Fantascienza? No, Codice della Strada

I relatori spiegano il senso dell’intervento

Il Presidente e relatore della Commissione Trasporti della Camera, Michele Pompeo Meta, precisa che il senso dell’intervento normativo è quello di disciplinare la circolazione su una peculiare tipologia di percorsi e di strade anche al fine di evitare una loro invasione da parte di ingombranti veicoli a motore. Si tratta quindi di una norma che salvaguarda esigenze frequentemente avanzate dai fruitori della montagna, quali ad esempio il Club Alpino Italiano ed altri organismi similari. Sì, il famoso CAI. Pompeo Meta avrebbe l’appoggio, tra gli altri, del Ministero dei Trasporti, che è stato parte attiva nella battaglia sostenuta (e vinta) da Motociclismo, sulla riduzione dei pedaggi autostradali per le due ruote, dimostrandosi un “amico delle moto”.

Una proposta giustificata solo dalla logica di parte

È del tutto evidente che questa proposta nasca da una precisa ed evidente "esigenza di club". Al di là della legittimità della cosa, l’emendamento pecca del fondamento più importante cioè la tutela dell'interesse collettivo, oltre a una ratio che ne giustifichi l’impedimento permanente. L’unico modo per vedere questa proposta sostenibile è quella della “logica di parte”, che dà una falsa percezione della Cosa Pubblica o del significato di “difesa del territorio”.
Il sentiero diventerebbe ad uso esclusivo solo per certe categorie senza un apparente e fondata motivazione o giustificazione, se non quella di accondiscendere una categoria (o una casta) ben definita.
La legge italiana cita chiaramente che la limitazione dell'uso pubblico va sempre motivata, specie se con inibitorie permanenti e se riferita a intere categorie di fruitori e di finalità d’uso. Questi limiti, perciò, non possono essere fondati su un dato normativo astratto, ma devono avere ragioni concrete e in evidenze di prova del "danno da percorrenza" definitive; che non sussistono. Un buon legislatore non può varare una legge così gravemente limitante, senza ragioni almeno accennate. La cosa non regge, sotto nessun punto di vista normativo, oltre che di tutela costituzionale.

Le sterrate non sono solo in montagna…

Clamorosa è l’evidenza anche dell’ignoranza sullo stato della frequentazione della rete sentieristica italiana, non certo solo quella della “montagna”, in quanto questa modifica renderebbe impercorribile ai mezzi motorizzati la gran parte delle strade sterrate di tutta Italia, anche a 10 metri sul livello del mare e ben al di fuori di parchi, zone a protezione speciale e SIC (siti di interesse comunitario)!
È, inoltre, evidente l’assoluta mancanza di percezione di chi siano davvero i “fruitori della montagna”, la cui stragrande maggioranza non è certo quella dei pedoni, velocipedi o amanti del cavallo…

Fatti e non false verità

Esattamente come già fatto in occasione dell’iter di approvazione della legge REER (Rete Escursionistica dell’Emilia Romagna), occorre portare a conoscenza del legislatore la realtà dei fatti, non la verità distorta ad arte da CAI e ambientalisti del fine settimana; bisogna ascoltare la voce dei sindaci dei paesi di collina e di montagna, che chiedono a gran voce la possibilità di regolamentare, non certo di vietare tutto e degenerare in condizioni di "far west”, del “tutti contro tutti”, senza contare poi le immancabili ripercussioni negative sull’indotto economico che il mondo del cosiddetto “fuoristrada” genera nel nostro paese.

Cosa potrebbe succedere

Nella nefasta ipotesi che tale emendamento diventi Legge dello Stato è bene fare un esame delle conseguenze. Avremmo un'ulteriore legge liberticida, incostituzionale, di parte ed economicamente depressiva, che dovrà affrontare la dura battaglia che il nostro mondo sarà costretto a fare sia in sede costituzionale sia sul territorio. Non si otterrebbe alcuna migliore tutela dell’ambiente che, anzi, ne pagherebbe salate conseguenze; nessun appassionato accetterebbe una tale ingiustizia e, una volta definito “fuori legge”, si sentirà autorizzato a comportarsi di conseguenza, ignorando qualsiasi regola, anche quella del buon senso, non facendo più alcuna distinzione tra parco, zona protetta o altro, in quanto tutto vietato allo stesso modo. Inoltre, gli amministratori locali perderebbero in un attimo tutto il supporto dato dalle organizzazioni locali che oggi contribuiscono in maniera importante alla pacifica convivenza e condivisione del territorio e alla manutenzione dei percorsi che, in gran parte, andrebbero persi nel giro di pochissimi anni. Per finire, l’indotto (produttori, concessionari, ricambisti, esercenti, ristoratori, distributori di carburante, gestori di agriturismo, rifugi, alberghi) subirà un danno economico ferale.
Vorrebbe dire la fine del fuoristrada, a qualsiasi livello, con qualsiasi mezzo, senza un qualsiasi criterio.

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