Era il 2001 e il dottor Chris Leatt decise di portare suo figlio Matthew a vedere una gara di motocross vicino a casa, in Sud Africa. Lì trovò alcuni suoi colleghi medici ed era con loro quando arrivò la chiamata di un intervento per un pilota caduto. Leatt salì sul veicolo dei dottori per raggiungere il luogo dell’incidente, trovando a terra il suo amico Alan Selby, con cui Chris andava in moto ogni tanto. La situazione è apparsa subito grave e, nonostante i tentativi di rianimazione, Selby perse la vita per una frattura cervicale.
La settimana precedente a questo episodio, Matthew aveva fatto il suo primo giro in sella a una moto da minicross e suo padre Chris non voleva che suo figlio fosse esposto a rischi di questo tipo. Così iniziò a sviluppare una soluzione per ridurre le lesioni cervicali e creò il primo collare specifico per il fuoristrada.
Nel 2004 il collare Leatt fu venduto in Sud Africa e, successivamente, in tutto il Mondo. Nel 2005 venne fondata la Leatt e il neck brace fu promosso anche attraverso BMW e KTM che, nel 2007, lo inserirono nel loro catalogo di accessori, sdoganandone l’importanza. Sopra vedete proprio quel prodotto, uno dei primi neck brace di “nuova generazione”.
Sulle prime molti piloti lo utilizzarono. Del resto è inutile sottolineare quanto una torsione innaturale del collo possa essere dannosa per il corpo umano. Indossando il “collare”, in caso di impatto il casco ha una superficie di appoggio più vicina rispetto alle spalle e crea un sostegno alla colonna vertebrale, su ogni lato. Tuttavia, alcuni piloti iniziarono a guardare il neck brace con diffidenza; dopo i primi incidenti alcuni riportarono comunque problematiche alla colonna, altri fratture della clavicola, altri ancora alle scapole.
Il fatto è che l’energia accumulata deve essere smaltita e i primi collari gravavano su alcuni punti precisi, che erano oltremodo stressati. Purtroppo non è così facile riuscire a testare in laboratorio questa protezione, perché non riesci a simulare una torsione del collo fino a punto di rottura con un manichino, tantomeno con una persona. E non si è ancora riusciti a ottenere un protocollo di certificazione. Ma lo sviluppo dei neck brace è andato avanti, mirato a creare prodotti in grado di disperdere l’energia aumentando il più possibile l’area di contatto con il corpo.
A quasi 20 anni di distanza abbiamo collari evoluti e stiamo tornando a vederli indossare dai piloti, anche professionisti. Tra tutti citiamo Tim Gajser per il Mondiale MXGP.
In questo articolo vi presentiamo 8 prodotti, diversi per tecnologia, prezzo, materiali, divisi tra rigidi (consigliati) e morbidi (palliativi). La scelta del neck brace non è banale, si deve tenere conto di diverse variabili che spaziano dalla lunghezza del proprio collo, alla disponibilità economica, alla comodità quando si indossa. Non deve in alcun modo vincolare troppo il movimento della testa, ma essere presente non appena si va qualche grado oltre la naturale inclinazione. Ce n’è per tutti i gusti. Fateci un pensierino.