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Marco Gualdani
14 October 2023

Come è fatta la Suzuki di Ken Roczen

Andiamo alla scoperta dei dettagli tecnici della RM-Z 450 del team HEP Motorsport in dote al tedesco. La "versione Nazioni" ha avviamento a pedale, frizione a cavo, telaio e link originali e una forcella... di 10 anni fa

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Il passaggio di Roczen al team Progressive Insurance ECSTAR Suzuki HEP Motorsports lo scorso dicembre, ha creato moltissima curiosità. In pochi pensavano che si potessero raggiungere questi risultati: un main event vinto, terzo posto finale al Supercross USA (a pari punti con Webb), primo nella classe MXGP al Motocross delle Nazioni. Roczen e la Suzuki HEP sono un binomio che funziona, oltre la razionalità. Suzuki non dimostra più alcun interesse verso il mondo del motocross, forse anche prima del 2018 quando ha presentato una RM-Z 450 rinnovata quasi per dovere che per effettivo scopo. I risultati inferiori alle aspettative delle comparative, non solo nostre ma in tutto il mondo, sono chiari. In questi anni la moto non è mai stata evoluta o aggiornata, i team "yellow" sono pian piano scomparsi, le moto nuove arrivano col contagocce e anche gli affezionati del marchio hanno dovuto guardare altrove. A questa condizione tecnica si aggiunge il fatto che Roczen è arrivato al team HEP devastato dal periodo in HRC in cui ha subito problemi fisici e psicologici e sembrava destinato a una chiusura anticipata della carriera. Insomma, le premesse erano del tutto sfavorevoli. E invece sta andando tutto ben oltre le aspettative; anzi benissimo.

Il pilota è rinato, la moto è super competitiva. Eppure il team non è certo famoso per le sue elaborazioni, non ha mai dimostrato capacità di sviluppo, non vanta tecnici di riferimento nel suo staff. Questo aggiunge ulteriore mistero a un'alchimia che, evidentemente, va oltre l'aspetto tecnico. Perché la Suzuki di Roczen non ha nulla di speciale.

L'abbiamo analizzata a fondo, basandoci sulle immagini, sulle informazioni che ci arrivano di prima mano dagli USA e anche dal supporto dei media locali, a cui è stata data la possibilità di testare la moto di Ken alcuni giorni fa, in occasione del test delle Suzuki 2024 (test che in Europa non viene organizzato dal 2019). Scorrendo l'articolo si scopre come la Suzuki di Roczen sia un prodotto efficace grazie alla perfetta accordatura di parti speciali in commercio (magari riservate ai team), ma niente di prototipale o straordinario. La forcella ha una tecnologia di 10 anni fa, la frizione è a cavo, link e telaio sono originali, l’avviamento resta a pedale. Sappiamo bene che nel Supercross USA la moto deve garantire una serie di componenti standard (per questo non c’è il bottoncino?), ma HRC, Kawasaki, KTM (e derivate) e Yamaha sono indiscutibilmente su un altro livello tecnico e di sviluppo. Eppure Ken, al Nazioni, ha vinto...

La ciclistica: da Showa a Kayaba, forcella PSF 1 e link di serie

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Dal punto di vista ciclistico le curiosità non mancano. Cominciamo dalle sospensioni, che sulla moto di Ken cambiano con sorprendente rapidità; la stagione è iniziata con Showa, poi si è passati al supporto di Factory Connection, ma il loro logo su forcella e mono è presto scomparso e dalla prima dei playoff del SuperMotocross di settembre sulle sospensioni di Roczen sono comparsi gli adesivi di ActiveRide. Si tratta di un preparatore locale americano, solitamente impegnato nella messa a punto delle sospensioni di piloti "amateur". Ma non è tutto. Dopo aver corso Roczen il SuperMotocross ancora con Showa, si è presentato al Nazioni con le Kayaba, davanti e dietro. Addirittura la forcella è la vecchia PSF 1, il primo tentativo di Kayaba di una forcella ad aria, con steli a cartuccia chiusa e camera d'aria a sostituire le due molle negli steli. Una forcella lanciata nel 2013... Erano anni che non si vedeva una forcella così su una moto di un top rider; Kayaba ha sostituito la tecnologia PSF 1 con la PSF 2, per poi tornare a utilizzare la forcella a molla. Quindi parliamo di una tecnologia di 10 anni fa. Anche nel caso del mono non si tratta di un prodotto trascendentale, è il classico KYB a tripla regolazione superiore per gestire compressione, ritorno e relative alte e basse velocità. E si sfrutta il leveraggio di serie.

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Anche il telaio è standard, mentre potrebbe cambiare l'altezza del telaietto posteriore, dettaglio che si nota dalla saldatura del braccio inferiore leggermente diversa da quella di serie in prossimità dell'attacco sul telaio; sotto al bombolino del mono, per intenderci (foto sopra). Ma non ne siamo certi. Anche il forcellone, in alluminio, è originale. Quello che cambia sono gli attacchi laterali del motore, cioè i raccordi tra le travi laterali e la testa; si trova un fazzoletto dedicato, molto diverso da quello della Suzuki standard, per forma e spessore. Chi si intende di ciclistica sa benissimo quando questo componente, da solo, possa variare il comportamento dinamico della moto, molto più di tante altre parti speciali, modificando la rigidità della struttura.

Il motore ha la base Millsaps

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A livello motoristico sembra che Ken non sia messo affatto male. Al Nazioni ha fatto holeshot ma, nel complesso, non sembra accusare cavalleria anche rispetto alle moto migliori. Tecnicamente si hanno poche informazioni sullo sviluppo del propulsore, se non che la base di partenza è quella della Suzuki con cui Davi Millsaps lottò per il titolo Supercross nel 2013. Quella configurazione è stata evoluta in questi anni a livello meccanico ma soprattutto elettronico, fino a raggiungere il setup di Roczen. La centralina è della Twisted Development, azienda della Louisiana che ha il compito di raccordare elettronicamente le varie parti meccaniche sostituite. A manubrio non si trovano switch o selettori mappe, anzi c'è solo il pulsante di spegnimento sulla sinistra. Quindi la mappatura scelta è una sola e non ci sono riferimenti sulla presenza di Traction Control (che le altre moto hanno di serie), che potrebbe essere integrato nel software. Del resto molte moto "ufficiali" sono così configurate.

Parlando di meccanica, si riconoscono i carter Hinson su entrambi i lati, la pompa del circuito di raffreddamento Boyesen e soprattutto lo scarico Pro Circuit con terminale in titanio e fondello in carbonio, dallo sviluppo lunghissimo, come sulle ultime versioni della RM-Z. Possibile che Pro Circuit si occupi di fornire anche altre parti del motore. La frizione ha comando a cavo, come del resto Yamaha.

Gli altri dettagli

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Precedentemente abbiamo parlato del manubrio, marchiato Renthal; confermiamo che non si trova alcun tipo di selettore, ma unicamente il pulsante di massa e la levetta dell'avviamento a caldo. Ve la ricordate? Si trova sotto la manopola sinistra e si aziona con il pollice ogni volta che si deve accendere la moto con una pedalata sul kick starter; prima dell'avvento dell'avviamento elettrico la levetta era presente su tutte le moto ed era gergalmente chiamata "aria a caldo". Oggi è un dettaglio che ci siamo dimenticati. Nonostante qualche episodio di spegnimento in gara, Roczen non ha mai accusato più di tanto l'avviamento a pedale, compreso al Nazioni, quando ha riavviato tutto sommato agevolmente la moto perdendo poco tempo e solo una posizione. A questo contribuisce l'abitudine del pilota, ma anche il supporto elettronico abbinato a una serie di altre variabili: tipologia di carburante, rapporto di compressione, ecc. Continuando con le altre parti, citiamo le pinze Nissin con dischi freno Galfer, ruote D.I.D., mozzi bruniti, catena/corona/pignone Renthal, serbatoio in plastica (le prime RM-Z con l'iniezione lo avevano in alluminio), gomme Dunlop e filtro DT1.

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