Comparativa Enduro 150-200 2T

L’insolito sviluppo dell’espansione di scarico evidenzia la novità: sono vie di mezzo tra 125 e 250 cc, tutte 2T. Un segmento appena nato per accontentare gli amanti della piccola cilindrata, ma con maggiore “schiena”. Beta, Husqvarna e KTM sono le scelte; molto diverse tra loro

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Nell’enduro il frazionamento delle cilindrate è normale. I motori 4T vengono proposti, dalle varie Case, nelle cubature di 250, 300, 350, 390, 400, 430, 450 cc fino ai big bore 490 o 501. La scelta è ampia e ognuna di loro ha il suo perché. Quasi tutte nascono dalla base 250 o 450, aumentando o diminuendo le misure di alesaggio e corsa, fatta eccezione per KTM che ha progettato un motore 350 per poi declinarlo a 250. A contrario, nel segmento 2T le scelte sono mirate alle classiche 125, 250 e 300 cc, dove quest’ultima è una semplice anabolizzazione della quarto di litro. S’inventa poco con i motori a miscela; o meno. A interrompere questa situazione ci stanno provando le principali Case impegnate nell’enduro: Beta, Husqvarna e KTM. La novità delle ultime due presentazioni stampa dei nuovi modelli è stata infatti l’introduzione di una 2T di piccola cilindrata che si frapponesse tra la 125 e la 250, creando un nuovo segmento ibrido (come noi l’abbiamo definito). Tutte partono dalla base del 125 per farlo crescere a 200 cc nel caso di Beta e a 150 in quello delle austriache. E sappiamo che anche altre Case stanno per arrivare: TM (ci aspettiamo una 144 a iniezione elettronica), ma anche Sherco potrebbe sorprenderci.

In realtà è una situazione già vista nel recente passato, sulla scia di modelli analoghi esistenti negli Anni 90, come la Kawasaki KDX o la Yamaha WR200. Una quindicina di anni fa ci fu un ritorno alla cilindrata ibrida 2T con l’arrivo del “segmento 144". Non ebbe il successo sperato, forse perché l’attenzione era spostata sull’evoluzione dei 4T e il carattere estremamente reattivo di una 2T potenziata andava in controtendenza. Fu un tentativo, che portò anche alla creazione di campionati e categorie, ma durò poco. Oggi si riprova, con mezzi evoluti e molto diversi dai precursori. Le ibride moderne non puntano più a estremizzare il concetto di esplosività della 125 come in passato, ma si presentano molto più accomodanti, con l’arco di utilizzo spostato sul medio regime anziché tutto in alto. Il risultato è quello di moto alla portata di tutti e concettualmente più vicine all’idea delle 200 cc di 30 anni fa. Per ottenere questo risultato Beta e KTM hanno lavorato in modo mirato, ma su due strade diverse. La Casa toscana ha puntato sulla meccanica, mentre quella austriaca sull’elettronica.

La RR 200 è arrivata lo scorso anno e ha aperto la strada del nuovo filone. Come detto la base di partenza è quella della ottavo di litro, su cui si è intervenuti modificando termica e sistema di scarico. L’alesaggio è passato così da 54 a 62 mm e si è allungata la corsa fino a 63 mm, grazie a un albero motore ridisegnato e appesantito. La cilindrata effettiva sale a 190,2 cc. A completare il lavoro c’è un’espansione dedicata (a metà strada tra quella di una 125 e quella della 250); il tutto è stato accordato con mappature dedicate.

Dopo lo stop alla EXC 125, nessuno si aspettava di rivedere una KTM 2T di piccola cilindrata. Invece a Mattighofen hanno ottimizzato le risorse, sfruttando il moderno propulsore della cross intervenendo sulla termica (con un alesaggio maggiorato a 58 mm) e soprattutto innestando l’alimentazione a iniezione elettronica TPI, con marmitta su misura. Pochi giorni dopo la 150 EXC, è stata la volta della Husqvarna TE 150i, che condivide la parte motoristica ma si differenzia per telaio (con link) e sovrastrutture.

NELLE PAGINE A SEGUIRE TROVATE COME VANNO E QUALI SONO I PREGI E I DIFETTI DELLE TRE MOTO.

La grande qualità di questa moto è il motore: rotondo, dolce e molto lineare a prendere i giri, con una erogazione progressiva, in perfetto collegamento con l’apertura del gas. L’entrata in coppia è ben gestibile, riesci a sfruttare la grande schiena con facilità. E anche l’allungo non è un compromesso. Dà la sensazione di essere una 250 depotenziata, più che una 125 anabolizzata proprio per la sfruttabilità del propulsore e l’albero motore più pesante. Stupisce per la grande trazione che offre nei tratti tecnici, una qualità a cui si fa caso su questo tipo di moto, più “esplosive” rispetto alle 4T ma anche alle 2T di grossa cilindrata. La mappa 1 è perfetta su un fondo smosso tipico del sottobosco come la location del nostro test. La 2 (soft) rende il motore fin troppo lento a prendere i giri mostrandosi valida solo in condizioni di fondo molto viscido. Per quanto riguarda il telaio viene confermata la stabilità buona dei MY 2020, ma per poterla guidare al meglio nello stretto serve un pizzico di mestiere in più rispetto alle altre due. Le sospensioni hanno ricevuto un ottimo upgrade rispetto alle versioni precedenti, al punto da non richiedere interventi particolari durante il test. Resta la sensazione di moto un po’ lunga, ma poi nel veloce “scassato” non hai quella stabilità che ti aspetteresti. Ha un avantreno molto leggero, nonostante non sia sbilanciata sul posteriore. In inserimento e percorrenza di curva non è male e guidando decisi si riesce a essere anche molto efficaci. Soffre di qualche vibrazione di troppo e di un impianto frenante non da riferimento. Nel complesso è una bella moto, solida e rigorosa, ma meno divertente da guidare rispetto alle altre due, decisamente più votate alla maneggevolezza.

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Come già accaduto altre volte, non hai la sensazione di essere alla guida di una “KTM bianca”. Le differenze sono molteplici, non solo nelle sovrastrutture, ma anche nel propulsore. La parte posteriore “spancia” e questa caratteristica, al contrario di quanto si potrebbe pensare, è apprezzabile su questo modello, diventando un valido appiglio quando il motore entra in coppia. Ma la differenza più sostanziale la fa l’erogazione del motore: più esplosivo rispetto a Beta, ma in una misura accettabile, ti fa venire voglia di spremerlo, è molto sbarazzino senza essere impegnativo. È la sensazione che ti aspetti da un 125 potenziato, cioè istintività, ma con la spinta più spostata in basso viene incontro alle esigenze di un amatore che può sfruttare il gusto di un piccolo 2T senza doversi impegnare troppo. In salita e nelle pietre ha un’ottima capacità di assorbimento ciclistico e questo contribuisce al divertimento in sella. Manca un po’ di allungo del motore, per questo richiede un maggior uso del cambio rispetto alla Beta. A livello ciclistico esce con un voto molto alto, nonostante un’impostazione leggermente caricata in avanti, che ha comunque aiutato nelle condizioni del test, un bel sottobosco guidato. Le sospensioni si sono dimostrate efficaci nel secco e bucato, trasferendo un bel comfort in sella che non guasta. Sempre in tema comfort, le vibrazioni sono quasi nulle. L’unico neo potrebbe essere il comando frizione più sostenuto degli altri e che per questo, alla lunga, porta a stancarti un po’ di più. La TE 150i rappresenta l’anello di congiunzione tra la Beta e la KTM, abbinando alle qualità ciclistiche del prodotto austriaco, un motore divertente, quanto fruibile e che non ti mette in difficoltà.

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È una moto di altissimo livello, molto facile da usare, fin dai primi metri ti dà confidenza e hai la sensazione di avere tutto sotto controllo. Non solo l’ingresso in curva è naturale, ma anche nelle situazioni di guidato che si affrontano in piedi sulle pedane segue rapida e precisa gli spostamenti. Nel veloce vanta una buona stabilità e ha una capacità di assorbimento delle sconnessioni davvero impressionante. Si mangia tutto, senza batter ciglio. In questo, il merito è in gran parte del mono ammortizzatore PDS, arrivato a un livello molto alto e addirittura preferibile al link, in certe situazioni, soprattutto quelle tipiche della mulattiera. Il motore è l’elemento particolare; si differenzia dalla sorella per un’erogazione più esplosiva che la rende più efficace in mani più esperte. Ti trasmette risposte meno “filtrate” in tutti i reparti e per farle dare il meglio devi essere molto attivo in sella. Motore, attacco gas, telaio, freni (i migliori), tutto funziona in modo più pronto rispetto alle due concorrenti. A differenza della Husky che abbiamo usato quasi sempre in Mappa 1 (standard), con lei si apprezza anche la 2 (traction) che spalma un po’ meglio la potenza ai bassi. è concettualmente la più vicina alle sensazioni di una 125 e, probabilmente, dà il meglio in situazioni più “racing”, come quelle di un bel fettucciato o una linea veloce e in mani più esperte, rispetto alla Husky più adatta all’amatore. Anche lei, come la sorella, non vanta un allungo particolarmente efficace, che ti richiede di essere sempre preciso e di ottimizzare le cambiate al momento giusto, evitando di entrare nel regime di giri in cui tende a “murare”. In conclusione, Beta emerge per erogazione, Husky per equilibrio e Kappa per prestazioni.

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