Comparativa enduro 300-350 4T

Cinque moto molto diverse tra loro, messe a giudizio tra le mulattiere più impestate: le 350 pure di Beta, Husqvarna e KTM si confrontano con le più agili 300 di Honda e Sherco. Una sfida tecnica quanto filosofica, che alla fine premia l’originalità

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Comparativa Enduro 300-350 4T 2020

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L’ultima volta che abbiamo parlato di enduro 350 era lo scorso marzo con la sfida tra Beta, Husqvarna e KTM. Nonostante siano passati solo 10 mesi, ritorniamo sull’argomento forti di una sfida totalmente nuova non solo per aver allargato il confronto anche alle 300 4T, ma soprattutto perché le tre protagoniste della precedente comparativa sono state profondamente aggiornate. Il 2020 è l’anno del cambiamento per Beta che ha messo mano alla ciclistica e al look, con scelte tecniche già apprezzate nella comparativa 300 2T di due mesi fa, in cui ha tenuto testa alle austriache. Kappa e Husky, a loro volta, vantano aggiornamenti importanti a motore, telaio ed estetica. Le altre sfidanti sono la Honda CRF300RX con passaporto italiano (nata dal reparto ricerca e sviluppo di RedMoto) e la Sherco che appena tre anni fa si è tolta il lusso di conquistare la vetta della EnduroGP con Mattew Phillips.

La “cilindrata di mezzo” dei motori 4T dell’enduro è sempre esistita, al punto da avere una classe a lei dedicata sin dal primo vagito del Mondiale, istituito nel 1990 in sostituzione del precedente Campionato Europeo. Il primo iridato fu il ceco Otakar Kotrba in sella alla Husqvarna (svedese), mentre il più titolato è Mario Rinaldi, con tre successi (92, 94 e 97), prima che la classe 350 4T si evolvesse in 400 dal 1998. L’avvento dei moderni 4 tempi ha portato a un periodo di vuoto, con l’impegno delle Case concentrato inizialmente solo sullo sviluppo di 250 e 450. Ma la necessità di colmare un vuoto un po’ troppo grande ha riportato in auge le “ibride”, certificandone l’effettivo valore con il titolo E2 di Antoine Meo del 2011, ancora in sella alla Husky ma questa volta sotto l’ala di BMW. Oggi il mercato delle 4 tempi “ibride” è più che mai ricco di proposte. Oltre alle 300-350 della nostra comparativa (in cui manca, come sempre, la TM che propone una 300 4T appena aggiornata), la frammentazione delle cilindrate vede a listino anche modelli 390 e 400. E non sono numeri a caso; ogni cilindrata nasce da scelte tecniche che ne vincolano comportamento e destinazione finale, siano figlie di motori 250 o 450, che restano i capisaldi di partenza. Perché in questa terra di mezzo si trova un po’ di tutto e in quei 50 cc che separano le 300 dalle 350 di questa prova c’è un mondo. La 350 pura si colloca perfettamente a metà delle due cilindrate di riferimento, un po’ per tutto: inerzia nella guida, maneggevolezza, regime di utilizzo. Hanno meno spinta ai bassi di una 450, ma più allungo e viceversa nei confronti delle 250. La 300, invece, non è niente di più di una 250 anabolizzata con una maggiore schiena ai bassi regimi, ma che richiede la stessa tipologia di guida, molto dinamica e reattiva. La nostra comparativa, quindi, mette a confronto non solo cinque moto, ma più che altro cinque filosofie di guida e anche di tecnica motoristica. Tutti e quattro i motori (quello di Husqvarna e KTM è in comune) hanno storie diverse. Il propulsore austriaco non è una via di mezzo, ma nasce 350 per essere poi declinato a 250, con un percorso contrario rispetto alle scelte tradizionali, in questo caso rappresentate da Honda e Sherco, che derivano, appunto dalle rispettive 250 adottando un cilindro/pistone maggiorati. La 350 di Beta, invece, arriva dall’alto, dalla 430 a cui è stata ridotta la termica. Honda e Sherco, quindi, puntano sulla leggerezza dinamica cercando di compensare quei 50 cc di differenza, Husqvarna e KTM sul’equilibrio di una cilindrata dedicata, mentre Beta si difende con un propulsore generoso, seppur meno compatto rispetto alla concorrenza.

Per metterle alla prova siamo andati nella patria dell’Enduro, quello con la E maiuscola; nel cuore dell’alta bergamasca, dove si sono allenati i più forti piloti del mondo, grazie a percorsi di una bellezza unica, almeno quanto impegnativi da un punto di vista tecnico. Scelta quasi obbligata, non solo per avere un teatro ideale per mettere alla prova queste moto, ma anche per necessità di cercare un fondo non troppo fangoso, viste le piogge che non hanno quasi mai dato tregua nel mese di novembre. Il format della prova è sempre lo stesso: cinque tester di diversa estrazione e livello, dal professionista all’appassionato della domenica, tutti in sella inizialmente in un giro itinerante con varie situazioni (dalla mula impestata al sentiero più aperto), per poi finire in un campetto “cross” pieno di buche e canali. Ognuno di loro ha poi completato la pagella, dando i voti alle principali voci che caratterizzano il comportamento di una moto, per poi arrivare al risultato finale derivato dalla media matematica di tutte le valutazioni.

Il salto di qualità a livello ciclistico apprezzato nella comparativa 300 2T, si conferma anche con questa 4 tempi. Anzi forse anche meglio, grazie alle modifiche di cui la Racing dispone. È stata la sorpresa del gruppo, ottima a livello di feeling e per equilibrio nelle varie situazioni. È una moto nata per fare enduro e si capisce da tante cose. La differenza rispetto alle altre è la stabilità che dimostra nel sasso smosso, dove mantiene la linea senza scomporsi in modo repentino, vantando comunque un’ottima direzionalità, anche in discesa, dove non soffre di eccessivo sottosterzo. Le sospensioni sono tendenzialmente morbide per il pro, ma risultano bilanciate nel funzionamento e molto omogenee, anche se nella parte finale tendono a murare, con il posteriore che tende a lavorare un po’ più basso del dovuto. A livello di maneggevolezza non è un gatto, paga qualcosa rispetto a Honda e Sherco soprattutto nei cambi di direzione. Il telaio è molto elastico e non pecca troppo neppure nel cross test molto bucato. Il motore è certamente un punto di forza, robusto al primo tocco di gas ma senza risultare aggressivo, si distende bene e dà il meglio ai medi. In alto, invece, tende a smettere di spingere. Un motore che apprezza soprattutto l’amatore proprio per la trattabilità, una dolcezza che permette di trovare trazione facilmente anche nei punti più impegnativi.L’ergonomia è particolare, con un manubrio leggermente alto e piuttosto dritto, ma complessivamente risulta comoda. Piace molto all’amatore e non viene disprezzata neppure dal pro; non ha pregi particolari, ma un buon equilibrio generale che la porta meritatamente sul podio.

Nasce da una base cross, ma il lavoro svolto per endurizzarla è molto più tangibile rispetto al passato. Come sempre il suo pregio è la maneggevolezza, unita a una posizione di guida istintiva. Appena ci sali hai la sensazione di un’avancorsa veramente molto ridotta, ti sembra di avere la ruota anteriore molto vicina al telaio. Strutturalmente è piccola e ha un baricentro basso, con un’ergonomia snella che si fa apprezzare nella guida in piedi. Trasmette un feeling molto bello nello stretto, un po’ meno quando si affrontano i tratti veloci di pietraia. Il comparto sospensioni è probabilmente il migliore della prova con forcella e mono sostenuti al punto giusto; setting ben azzeccato. Tra le buche del test si sentiva a casa sua. Il motore non brilla per spinta ai bassi, se paragonato alle altre moto in comparativa. Nel brutto ti porta a usare molto la frizione, che è decisamente (ancora) il suo punto debole; col l’utilizzo richiede costantemente di essere regolata. Il pro riesce a limitare questa sensazione, mentre più che si scende di livello e più che sene avverte il limite. L’erogazione è progressiva e da metà in poi si riesce ad apprezzare una spinta molto soddisfacente, in senso assoluto. Delle tre mappature i tester si dividono su quale sia la scelta migliore, tra la tre che eroga tutta la potenza possibile e che viene in aiuto all’amatore; al contrario, il pro preferisce arrampicarsi con la mappa 2, la più docile, agendo in maniera più “pesante” sul gas. La rapportatura del cambio di derivazione cross, invece, mette tutti d’accordo sull’efficacia anche in enduro.

Sin dal primo approccio ti rendi conto della morbidezza delle sospensioni. È palesemente una moto pensata per andare in mulattiera e per offrire comfort al pilota con forcella e mono molto sfrenati in compressione e in ritorno che, appunto, ti permettono di superare il sasso con facilità. Se poi vai a spingere, però, devi intervenire chiudendo tutti i registri e anche il precarico della molla. A livello ergonomico si confermano le sensazioni delle comparative precedenti, con un’impostazione piuttosto caricata sull’anteriore, manubrio con piega bassa e sella alta. Non è piaciuta a tutti i tester in maniera omogenea proprio per le caratteristiche della ciclistica. I suoi punti di forza sono sicuramente il telaio e il motore. Il primo trasferisce sensazioni sincere e precise, non brilla per maneggevolezza rispetto alle top, ma è molto guidabile e non tradisce sul veloce. Il secondo rappresenta la perfetta via di mezzo tra un motore da 250 cc e uno da 450: dolce e rotondo ma con molto brio, ti permette di usare molto poco il cambio (con un’ottima spaziatura) e di essere presente in tutti i regimi. Pronto e robusto ai bassi, diventa godibilissimo una volta che la strada si apre e s’innesta la quarta.Anche la frizione idraulica è quella che si è meglio comportata, assieme alla sorella KTM.

È la moto che risulta più efficace nelle condizioni del nostro test. E questo grazie al monoammortizzatore PDS che la fa emergere per trazione in senso assoluto. La cosa particolare è che più che apprezzarlo ad alte velocità, piace quando la velocità scende. Riesce a trasmetterti quella sensibilità millimetrica sul posteriore che nelle salite con il sasso smosso è molto vantaggiosa, perché non fa perdere grip. Recupera la corsa molto bene e mantiene il posteriore alla giusta altezza in ogni situazione. È una moto sincera, diretta, snella e stabile quanto basta. Anche lei vanta una taratura di sospensioni mediamente molto morbida e ha diviso i settaggi dei tester tra chi cercava sostegno e chi comfort. Ma tutti sono d’accordo sulla sua efficacia e precisione. Per il motore valgono le sensazioni della Husqvarna, praticamente identiche. Un propulsore dalla generosità pari solo alla sua trattabilità, è dolce pur erogando potenza a tutti i regimi. Sotto va molto meglio di una 250 e in alto sembra allungare anche più di un 450… Il mix di performance di motore e ciclistica, unite a una frizione ottima e una posizione di guida ottimamente studiata la fanno emergere ancora una volta nel gradimento dei tester. Dovendo trovare un piccolo difetto del propulsore è la presenza del freno motore, leggermente più invasivo rispetto alle altre moto in comparativa che sono molto più fluide quando si va a chiudere il gas.

È una moto istintiva, molto simile alla 250 come sensazioni; curva bene nello stretto è morbida nelle reazioni a livello di telaio e di leveraggi; anche se non trasmette un feeling immediato a tutti. Nella mulattiera si trova benissimo e anche in curva non delude, mentre paga nei tratti veloci e nelle buche del tracciato cross. Questo nonostante un’ottima forcella, ben sostenuta a medie velocità, ma un po’ cedevole se si va a spingere forte. Il mono, invece, è eccessivamente morbido. Ha pedane un po’ alte da terra, ma è comunque snella e permette libertà di movimento. Il motore non eccelle per potenza assoluta, ma ha un buono spunto e vanta una coppia ben marcata che ti aiuta a trovare trazione anche in situazioni difficili. Dà il meglio fino a metà, mentre in alto manca un po’ di spinta.Il cambio è ben spaziato e permette di sfruttare molto la terza marcia. Buona anche la frizione, così come i freni, potenti al punto giusto. È stata, in parte, favorita dal montare le mousse (l’unica della prova ad averle), ma anche un po’ limitata da non essere un esemplare nuovissimo. Nel complesso è piaciuta molto per facilità di guida, per la schiena ai bassi e ai medi e per la guidabilità nello stretto.

Anche questa volta è KTM a festeggiare la vittoria; merito (anche) delle condizioni della prova che hanno esaltato le qualità del monoammortizzatore PDS, ritenuto a furor di popolo l’arma “definitiva” per le arrampicate in mulattiera. Trazione imbattibile, un buon comfort in sella e soprattutto un motore eccezionale la portano in alto, nonostante una taratura sospensioni tendente al morbido e un filo di freno motore in più delle altre. Ma non ci sono dubbi, tra i nostri tester, che sia lei la vincitrice.


Più combattuto il secondo posto, che la media matematica consegna alla Beta. L’equilibrio di una moto molto piacevole da usare ha pagato nel confronto con le altre. A farla emergere è stato il facile approccio, un motore dolce e la stabilità sul veloce, utile per affrontare i tratti scorrevoli del test. Meno intuitiva nello stretto e in inserimento curva, soffre anche di una taratura sospensioni perfettibile. Ma, nel complesso, non ha nessun grosso difetto, al pari di nessun decisivo (per vincere la sfida) pregio.


Husqvarna è terza, nonostante sfrutti telaio e motore di KTM; le differenze con la sorella a livello di sospensioni, però, sono troppe e la limitano a un ventaglio di utilizzo vincolato al sasso smosso. Quando la strada si apre vorresti più sostegno e questo la rende, complessivamente, meno apprezzabile della moto toscana. Il terzo e il quarto posto se lo dividono le due 300, separate davvero da un’inezia. Due moto molto distanti tra loro, con in comune solo l’agilità nello stretto. Honda ha minore schiena e maggiore allungo, mentre Sherco è l’esatto contrario. La rossa è più corsaiola, la francese più apprezzata dall’amatore. In ogni caso, la scelta di inserirle nel confronto con le 350 si è rivelata sensata, perché sono dirette concorrenti nelle preferenze di un pubblico che può sfruttare una leggerezza dinamica non riscontrabile nella cilindrata superiore.

Potete approfondire la Comparativa Enduro 300-350 4T su Motociclismo FUORIstrada di gennaio-febbraio 2020, dove trovate maggiori dettagli, le pagelle, i rilevamenti al banco e le schede tecniche.

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