Ad una prima occhiata è difficile distinguere la Xtrainer da una moto pronto gara ma, ad uno sguardo più attento, si notano il manubrio da trial (largo e poco rialzato), le pedane più basse per agevolare la guida in piedi e la marmitta con espansione meno accentuata per ridurre la possibilità di impatti contro rocce e rami. In sella si tocca più facilmente terra, in virtù anche di sospensioni più basse, con una corsa leggermente ridotta rispetto alla RR. La Xtrainer rimane comunque la più alta delle tre moto in prova e questo, nei passaggi impegnativi dove i meno esperti si ritrovano a “zampettare”, potrebbe essere un problema per i meno dotati in statura. Rispetto alle altre due, è anche un po’ più larga nella zona dei convogliatori, dove si stringono le ginocchia nella guida seduta, per via dei due radiatori e del capiente serbatoio (8,5 litri). Insomma: è la più generosa nelle forme e, in sostanza, la più lontana dal concetto di motoalpinismo. In mano ad un pilota è un’arma micidiale nelle “Extreme”, ma all’appassionato che vuole andare a passeggio nei boschi, è quella che richiede maggiore impegno proprio dove la mulattiera è più sfasciata e gli ostacoli più pronunciati, perché con lei bisogna adottare una guida enduristica (rispetto alle sfidanti di questa comparativa), non basta lasciarsi trasportare. Il motore 2T è dolce quando serve e potente all’occorrenza; ben dosabile, l’erogazione è sufficientemente morbida ai bassi regimi da garantire buona trazione. Aprendo tutto sfodera una discreta “cattiveria”, ma anche i consumi si alzano, tanto che alla fine l’autonomia è vicina a quella delle concorrenti. A proposito: pur essendo una 2T, non è necessario portarsi appresso il rabbocco dell’olio, perché c’è un comodo miscelatore a gestione elettronica con serbatoio separato. Le sospensioni della Beta sono le più sostenute del gruppo: ottime quando si tengono ritmi elevati, ma meno adatte a “galleggiare” sulle piccole asperità a bassa andatura. Insieme ad una geometria più “aperta”, regalano grande direzionalità e sicurezza, specie in discesa e nei percorsi scorrevoli, dove digeriscono tutto. Il freno motore è scarso e questo mette sotto torchio l’impianto Nissin, che mai durante la nostra prova ha mostrato segni di cedimento.