Su per i monti con Beta, KTM e Montesa

Prova motoalpinismo: Beta Xtrainer 300 vs KTM Freeride 350 vs Montesa 4RID. T?re buone proposte per chi ha poca pratica con il fuoristrada e concepisce l’offroad come escursionismo. L'italiana è la più vicina all’enduro; la spagnola deriva dal trial, l'austriaca è una via di mezzo tra le altre due

Mulattiere, guadi o gradoni: con loro non esistono più ostacoli

Ho imparato a guidare la moto in sella ad una Bultaco Alpina 350. Una motoalpinismo di quelle tanto in voga a cavallo degli anni Settanta e Ottanta, quando le Trial non erano ancora le cavallette estreme che esistono oggi, ma avevano un serbatoio degno di questo nome e selle abbastanza ampie e imbottite da concedere un minimo di comfort. Aveva una ventina di CV, un manubrio bello largo, un piano di seduta ad un’altezza decorosa e pesava meno di 100 kg. La usavo per andare a trovare la fidanzata, percorrendo quasi trenta km di asfalto come avrei fatto con una dual sport; ci viaggiavamo in due per brevi spostamenti senza soffrire (a parte le vibrazioni consistenti) e quando c’era da fare un giro fino ad un rifugio sulle vicine montagne non c’era nulla che potesse fermarmi. Dopo gli anni 80 non ne hanno più fatte, di moto così. I divieti in offroad ne hanno mortificato la produzione e le Case si sono specializzate sempre più, con le moto da Regolarità diventate enduro, avvicinandosi al layout delle cross, e con le trial smagrite fino ad assomigliare a biciclette a motore. Oggi la categoria motoalpinismo è tornata ad essere vivace e non c’è da stupirsi: nelle gare di enduro si stanno facendo largo le prove “Extreme”, con passaggi trialistici, mentre le cavalcate offroad attraggono un gran numero di appassionati -non piloti- che vogliono godersi il giro senza dover stare issati su altissime e prestanti enduro moderne. Scorrendo i listini delle Case si trovano numerose proposte, molto diverse tra loro. Dalle “storiche” Beta Alp (200 e 350, sul mercato da 16 anni), alla modernissima Ossa Explorer 300, passando per la GasGas Randonnè (125 e 200), la Scorpa T-Ride 290 e la Sherco X-Ride (125 e 290). In passato abbiamo già fatto confronti tra moto alpinismo (li trovate qui e qui), per questa prova però ci siamo concentrati su altri tre modelli, i più rappresentativi per ciascun tipo di filosofia (qui le foto della prova).

Le protagoniste

Ad un estremo abbiamo la Montesa 4RIDE, che interpreta da vicino il tema motoalpinismo così come è nato: è in pratica una moto da trial meno scheletrica della specialistica Cota, con una sella ampia e un serbatoio più capiente. All’opposto c’è la Beta Xtrainer, che è un’enduro racing addolcita e addomesticata. In mezzo, la KTM Freeride, una moto nata apposta per l’alpinismo che si trova proprio a metà strada tra enduro e trial.
 
Prezzi
  • Beta Xtrainer 300: 6.840 euro (c.i.m.*)
  • KTM Freeride 350: 7.881 euro (c.i.m.*)
  • Montesa 4RIDE: 8.140 euro (c.i.m.*)
*: il prezzo CIM ("chiavi in mano") si ottiene aggiungendo al prezzo di listino "franco concessionario" le spese per la messa in strada, che Motociclismo quantifica in 250 euro.   

XTRAINER: L'UNICA 2T, MA CON MISCELATORE

Partiamo dall’italiana, che smussa il concetto di enduro racing senza tuttavia stravolgerlo. La base è la RR 300 con motore 2T depotenziato di una decina di CV per renderlo più fruibile. La Xtrainer utilizza lo stesso motore 300 cc 2T della specialistica RR300, rispetto al quale è però depotenziato di una decina di CV allo scopo di renderlo più fruibile, addolcendo la curva di erogazione, meno appuntita. Diverse le modifiche per raggiungere questo scopo. La più evidente è la marmitta, la cui espansione è meno pronunciata e più aderente al telaio: le prestazioni calano, ma in questo modo lo scarico è meno esposto agli ostacoli della guida motoalpinistica. Sotto la sella c'è il serbatoio dell'olio che viene miscelato automaticamente alla benzina. Una bella comodità, specie in ottica escursionistica, dove non ci si deve più preoccupare di portare con sé il rabbocco. Il serbatoio della benzina è il più capiente del gruppo (8,5 litri), ma il 2T italiano è anche il più assetato: alla fine l'autonomia è solo di poco superiore a quella delle concorrenti. Molto buoni i freni, praticamente gli stessi della enduro RR: garantiscono potenza e costanza di rendimento anche sotto sforzo.

FREERIDE 350: TELAIO BASSO SUGLI OSTACOLI

La KTM è quella che rimane con le ruote più sollevate da terra, se posta sul cavalletto centrale. Questo perché la culla del telaio è molto bassa in confronto alle concorrenti. Il baricentro è ben posizionato, ma così rimane più esposto quando si affrontano gradoni e ostacoli pronunciati. Il motore, benché 4T depotenziato rispetto al 350 EXC-F da cui deriva, non per questo è poco assetato. Il serbatoio -per accedere al quale bisogna sollevare la sella- è di soli 5,5 litri, motivo per cui la spia della riserva si accende sempre prima di aver percorso 90 km. Pratico l'accesso al filtro, alle spalle del serbatoio e sostituibile senza attrezzi. I freni a margherita sono lavorati da pinze ad attacco radiale della Formula (Marchio diffuso nelle bici da downhill): l'aspetto è molto hi-tech, ma la resistenza al fading, ovvero alla perdita di potenza per surriscaldamento, è scarsa.

4RIDE: PARTE FACILE, MA SOLO A PEDALE

Il motore 260 4T con distribuzione monoalbero è il meno potente del gruppo: la sua impostazione trialistica è evidente anche nelle dimensioni estremamente compatte e in alcuni dettagli come la leva del cambio, molto lontana dalla pedana. Per un uso escursionistico è scomoda. L'avviamento solo con kick-starter è poco pratico, specie se ci si trova col motore spento in una posizione "scomoda". Accenderlo però non è un problema, grazie anche alla leva più lunga di quella della Cota da trial. Il piccolo freno a disco anteriore (180 mm) è poco adatto agli strapazzi di un uso diverso da quello trialistico: nelle lunghe discese va in crisi. Idem il posteriore. Bella la sella, la più bassa del gruppo: piatta e allungata verso l'avantreno permette buoni spostamenti longitudinali. Pregevole anche il serbatoio in alluminio, nascosto dal piano di seduta e dai convogliatori: ha una capienza molto ridotta, ma i consumi sono bassi e l'autonomia non lontana dalle concorrenti.

BETA: OTTIMA PER LE "ESTREME"

Ad una prima occhiata è difficile distinguere la Xtrainer da una moto pronto gara ma, ad uno sguardo più attento, si notano il manubrio da trial (largo e poco rialzato), le pedane più basse per agevolare la guida in piedi e la marmitta con espansione meno accentuata per ridurre la possibilità di impatti contro rocce e rami. In sella si tocca più facilmente terra, in virtù anche di sospensioni più basse, con una corsa leggermente ridotta rispetto alla RR. La Xtrainer rimane comunque la più alta delle tre moto in prova e questo, nei passaggi impegnativi dove i meno esperti si ritrovano a “zampettare”, potrebbe essere un problema per i meno dotati in statura. Rispetto alle altre due, è anche un po’ più larga nella zona dei convogliatori, dove si stringono le ginocchia nella guida seduta, per via dei due radiatori e del capiente serbatoio (8,5 litri). Insomma: è la più generosa nelle forme e, in sostanza, la più lontana dal concetto di motoalpinismo. In mano ad un pilota è un’arma micidiale nelle “Extreme”, ma all’appassionato che vuole andare a passeggio nei boschi, è quella che richiede maggiore impegno proprio dove la mulattiera è più sfasciata e gli ostacoli più pronunciati, perché con lei bisogna adottare una guida enduristica (rispetto alle sfidanti di questa comparativa), non basta lasciarsi trasportare. Il motore 2T è dolce quando serve e potente all’occorrenza; ben dosabile, l’erogazione è sufficientemente morbida ai bassi regimi da garantire buona trazione. Aprendo tutto sfodera una discreta “cattiveria”, ma anche i consumi si alzano, tanto che alla fine l’autonomia è vicina a quella delle concorrenti. A proposito: pur essendo una 2T, non è necessario portarsi appresso il rabbocco dell’olio, perché c’è un comodo miscelatore a gestione elettronica con serbatoio separato. Le sospensioni della Beta sono le più sostenute del gruppo: ottime quando si tengono ritmi elevati, ma meno adatte a “galleggiare” sulle piccole asperità a bassa andatura. Insieme ad una geometria più “aperta”, regalano grande direzionalità e sicurezza, specie in discesa e nei percorsi scorrevoli, dove digeriscono tutto. Il freno motore è scarso e questo mette sotto torchio l’impianto Nissin, che mai durante la nostra prova ha mostrato segni di cedimento. 

MONTESA: LA PIÙ LEGGERA

Tutto l’opposto la spagnola Montesa -Marchio che in realtà gravita nell’orbita Honda- la novità più recente nel segmento. In pratica la 4RIDE è una Cota da trial con serbatoio maggiorato, sella imbottita e sovrastrutture. Compattissima, ha il motore della 4RT 260 a 4 tempi strizzato in un attillato telaio perimetrale in alluminio e addolcito nell’erogazione. Il cambio ha rapporti più lunghi e adatti ai trasferimenti, le sospensioni hanno più corsa, lo scarico è discreto e silenzioso. Sulla carta è la più facile delle tre: pesa poco (81 kg rilevati dal nostro Centro Prove) ed bassissima e agile come un grillo. Il motore è facilissimo nella gestione del gas, con una risposta millimetrica e progressiva. Se avete una baita in alta montagna e vi serve una moto per raggiungerla senza fretta, la 4RIDE è la moto giusta per voi. Ma se volete usarla anche su percorsi più scorrevoli accusa qualche limite. Lo sterzo è molto chiuso e, quando si prendono ostacoli o si superano gradini in discesa per scaricare il peso sulla ruota davanti e non avere la sensazione di ribaltarsi muso a terra, bisogna arretrare molto con il corpo, proprio come si fa con le trial. Inoltre, la forcella è molto morbida e sfrenata, mentre il monoammortizzatore è più duro e secco. Se si affrontano gli ostacoli uno alla volta va bene, ma in una gita per boschi o in una cavalcata ci sono anche tratti scorrevoli. E qui la Montesa soffre un po’. In discesa poi, i freni -come quelli di una trial, sottodimensionati per un uso motoalpinistico- accusano un precoce surriscaldamento.

KTM: CI FAI DI TUTTO

E poi c’è l’anello di congiunzione tra il mondo del trial e quello dell’enduro: la KTM Freeride, disponibile 350 4T, 250 2T e persino elettrica. Abbiamo provato la capostipite (è apparsa nel 2012) con educato motore 4T che, benché derivi da quello della 350 EXC-F, non sembra nemmeno lontano parente della enduro, rispetto al quale perde circa metà della potenza (nel modello di serie: quello in prova ha il Kit Evo che le fa guadagnare 10 CV). Rispetto alle altre due moto in prova ha la possibilità di selezionare diverse mappature per la centralina: soft, standard e hard (attraverso uno switch sotto la sella), che trasformano il carattere del bialbero. Erogazione pastosa o aggressiva: basta un click. Con le mappe meno spinte c’è tanta trazione su qualunque terreno: metti una marcia e giochi col gas. Gli aggiornamenti per il 2016 prevedono un cambio con sesta più distesa e rapportatura finale allungata. A suo agio nei passaggi tecnici e apprezzabile in quelli più scorrevoli, rende il fuoristrada alla portata di tutti. Per l’amatore, ovvero l’appassionato che si avvicina al fuoristrada senza velleità agonistiche, è la moto che meglio centra il tema “alpinismo” e, delle tre in prova, è la più polivalente. Ha dimensioni compatte, ma non sacrificate, con la sella vicina a terra, ma giustamente distante dalle pedane, per trasferimenti anche lunghi. In questo, un serbatoio più capiente non guasterebbe perché, nel migliore dei casi, non si arriva a fare 100 km con un pieno. Ma le concorrenti non fanno di meglio. Migliorabili i freni: l’impianto marcato Formula ha coreografiche pinze ad attacco radiale, ma la potenza delle Brembo della gamma EXC è ben altra cosa.

PER TUTTI I GUSTI

In conclusione, quale sia la migliore è difficile da dire: dipende tutto dal proprio stile di guida, dall'esperienza e dai gusti, oltre che dall'utilizzo che si intende fare della moto. E poi c'è la questione prezzo, ovviamente. La più economica è la Beta Xtrainer, per la quale bastano 6.840 euro, un prezzo davvero allettante se si considera che la RR300 da cui deriva ne costa ben 1.700 in più. E non è una versione "povera": ha una componentistica raffinata (sospensioni regolabili e freni oversize) proprio come la sorella da enduro specialistico. Un migliaio di euro in più (7.881, per l'esattezza) servono invece per la KTM Freeride, che non ha derivazioni "in famiglia": il motore è imparentato con quello della EXC-F, ma telaio e componenti sono specifici per questo modello. Volendo risparmiare qualcosa (6.920 euro) c'è la 250 2T, che però è anche un'altra cosa a livello di prestazioni e dinamica, meno escursionistica e più racing. Impegnativa dal punto di vista economico invece la Montesa 4RIDE: costa la bellezza di 8.140 euro, vale a dire 1.350 più della Cota da cui deriva.

EROGAZIONI DIVERSE

Potenza max alla ruota (CV – giri: dato rilevato dal Centro Prove di Motociclismo)
  • Beta Xtrainer 300: 28,81 - 7.400
  • KTM Freeride 350: 29,40 - 8.200
  • Montesa 4RIDE: 15,13 - 6.800
Coppia max alla ruota (kgm – giri: dato rilevato dal Centro Prove di Motociclismo)
  • Beta Xtrainer 300: 3,20 - 5.100 
  • KTM Freeride 350: 2,82 - 6.800
  • Montesa 4RIDE: 1,75 - 5.700
Peso in kg (ant. - post. : dato rilevato dal Centro Prove di Motociclismo)
  • Beta Xtrainer 300: 103,65 (49,80 - 53,85) 
  • KTM Freeride 350: 100,30 (47,50 - 52,80)
  • Montesa 4RIDE: 84,45 (39,80 - 44,65)
 
Nel motoalpinismo non è la potenza che conta, ma come viene erogata: serve prontezza alla prima apertura del gas per superare gli ostacoli e progressività per garantire trazione. Ai bassi regimi, fino a 4.000 giri, KTM e Montesa sono vicine, ma poi la spinta della spagnola si affievolisce. Freeride e Xtrainer hanno quasi il doppio dei CV della 4RIDE, ma arrivano in maniera diversa al picco massimo: il 2T della Beta ha più schiena fino a 7.000 giri, poi si "siede", mentre il 4T austriaco recupera con maggiore allungo. Le tre mappe della KTM non variano la curva di potenza, ma solo la velocità con cui il motore sale di giri.

IN PRINCIPIO FU L'ALPINA

Se cerchiamo le origini del motoalpinismo, dobbiamo risalire fino al 1969, anno in cui Manel Fabregat, fondatore della Unità Moto Alpina della Croce Rossa spagnola, ideò una compagnia di montagna motorizzata per intervenire in qualunque situazione in modo agile e rapido. I responsabili della Brigata Alpina presero servizio prestando assistenza negli eventi motociclistici, competizioni e raduni. In principio con moto proprie, ma dal 1971 adottarono le Bultaco Sherpa 250 modificate e da allora chiamate Alpina. La prima Bultaco Alpina 250, del 1971, era denominata Mod. 85.

DATI TECNICI

I video di Motociclismo Fuoristrada

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