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Robotica e Sicurezza Stradale: Hangxing n.1, il Primo Robot Umanoide della Polizia Locale Cinese

Una mattina di pioggia sottile, un incrocio che si accende. Tra gli ombrelli e i clacson spunta una figura nuova: non un vigile, non un cartello, ma qualcosa che muove le braccia con una calma studiata e vede più di quanto sembri.

Robotica e Sicurezza Stradale: Hangxing n.1, il Primo Robot Umanoide della Polizia Locale Cinese

La scena è familiare: una diagonale di biciclette, motorini elettrici che scivolano silenziosi, pedoni che provano a guadagnare un varco. In mezzo, l’ordine è sempre una conquista. Qui entra in gioco la tecnologia. Non quella che promette miracoli in una notte, ma quella che cresce in strada, alla prova degli incroci.

C’è un fatto che non possiamo ignorare. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, gli incidenti stradali uccidono ogni anno circa 1,19 milioni di persone nel mondo (Global Status Report on Road Safety 2023). È un numero duro, che rende concrete parole come sicurezza stradale e “tolleranza zero” agli errori prevedibili. Se c’è un luogo dove i dati devono contare, è l’asfalto.

Solo a metà di questa storia compare il protagonista

A Hangzhou è entrato in servizio “Hangxing n.1”, il primo robot umanoide della polizia locale cinese dedicato alla gestione del traffico. L’annuncio è circolato sui media locali; al momento non sono disponibili schede tecniche complete consultabili pubblicamente, né specifiche ufficiali su software e architettura. Ma il perimetro è chiaro: supporto agli agenti in strada, presenza visibile per l’utenza, routine operative ripetitive presidiate dall’automazione.

Cosa sappiamo con ragionevole certezza? Il sistema usa sensori e telecamere per leggere flussi e comportamenti. L’Intelligenza Artificiale interpreta scene complesse: pedoni che esitano, corsie congestionate, manovre improprie. Il robot esegue gesti codificati per dirigere i veicoli, fornisce messaggi vocali e indicatori luminosi, può segnalare anomalie alla centrale in tempo reale. Non è un vigile “di latta”, è un nodo dentro una rete di sorveglianza urbana. La connettività, presumibilmente elevata, non è stata descritta nel dettaglio; lo stesso vale per autonomia energetica e capacità in caso di pioggia intensa o scarsa visibilità.

Esempi concreti?

Immaginiamo il weekend attorno al West Lake. Un autobus turistico in ritardo, una colonna di scooter, un pedone distratto pronto a tagliare all’ultimo. Qui un robot che non si stanca, che mantiene la stessa attenzione al minuto uno e al minuto cento, può “spalmare” ordine: microsegnali preventivi, inviti all’attraversamento in sicurezza, priorità a mezzi di emergenza senza ritardi cognitivi. È già successo altrove, in forme diverse. A Singapore, i robot “Xavier” hanno pattugliato aree pubbliche per monitoraggi di prossimità (HTX/GovTech, 2021). A Dubai, la polizia ha sperimentato robot di front office dal 2017. Hangzhou prova a spingersi oltre, portando l’automazione nel cuore pulsante dell’incrocio.

Domande scomode? Necessarie

Il sistema usa riconoscimento facciale? Non ci sono conferme pubbliche. Dove finiscono i dati raccolti e per quanto tempo vengono conservati? Servono policy trasparenti su privacy, sicurezza informatica, responsabilità in caso di errore. Un falso positivo non è un fastidio qualunque se blocca un flusso o segnala un utente innocente. La tecnologia guadagna fiducia solo se rende visibili regole e limiti. E se i cittadini possono capire, e contestare.

Perché allora questa scelta? Per ridurre tempi di reazione e carico operativo, per standardizzare procedure in condizioni ripetitive, per offrire assistenza multilingue a visitatori e anziani, per testare scenari di prevenzione. Se il progetto collezionerà metriche solide – calo delle infrazioni agli attraversamenti, riduzione dei tamponamenti a bassa velocità, minori tempi di sgombero in punta – vedremo repliche altrove. Senza questi numeri, resterà una vetrina.

Forse il giudizio non arriverà da un report, ma da un attimo minuscolo. Pioggia, penombra, una mano che stringe quella di un bambino al bordo delle strisce. Un gesto luminoso, chiaro, che invita ad attraversare. Ci basta, noi, a fidarci? E cosa chiediamo davvero alle macchine quando le mettiamo al centro della nostra civiltà della strada?

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