Due piloti al centro del ciclone e una moto che cambia pelle. Nel 2025 la Ducati non è solo velocità: è un laboratorio che mette alla prova Pecco Bagnaia, accende Marc Márquez e costringe tutti a ripensare i limiti. A dirlo, con lucidità da box, è Nobuatsu Aoki.
A volte serve uno sguardo laterale per capire davvero la MotoGP. Nel suo “Jomo Grand Prix Newspaper”, Nobuatsu Aoki entra in officina e alza il tappeto. Vede ciò che spesso sfugge nel rumore delle partenze. La Ducati evolve in modo implacabile. I piloti devono adattarsi in fretta. E la velocità non è l’unica misura del valore.
La convivenza tra Pecco Bagnaia e Marc Márquez basta da sola a creare una nuova geografia del box. Márquez è un compagno spigoloso per chiunque. Porta pressione, ritmo, rischio. Porta anche un linguaggio di guida diverso. Bagnaia, per contro, vive di precisione. Lavora su traiettorie pulite e controllo dello slide. Il confronto produce crescita. Ma può introdurre rumore in un sistema che, per funzionare, chiede coerenza totale tra mano destra e elettronica.
Il nodo tecnico: freno motore e holeshot
Qui Aoki indica il punto. Non solo team-mate management. Due novità tecniche hanno reso la vita più complicata al campione Ducati: gestione del freno motore e aggiornamento del holeshot. Parole asciutte, ma pesanti.
Il freno motore, sull’ECU unica Magneti Marelli, non è un interruttore. È una mappa per marcia, per fase di curva, per temperatura. Cambia la decelerazione senza toccare i freni. Sposta carico sul posteriore. Incide sul grip in ingresso e sul tempo di rilascio. Un click in più può aiutare al “stop&go”. Un click in meno libera la moto nei curvoni. Se il pacchetto 2025 ha spostato la finestra utile, un pilota come Bagnaia deve ritarare le sue abitudini. Sembra poco. In realtà tocca il cuore della sua guida.
L’holeshot device è l’altro ago della bilancia. Il dispositivo abbassa la moto in partenza e, a seconda della logica, anche in uscita. Cambia l’assetto statico e la posizione del baricentro. Migliora il launch, ma può influire su come la Ducati “siede” quando riapri il gas a metà curva. Un’ottima notizia per chi frena tardi e punta il rettilineo. Un rompicapo se cerchi rotazione dolce e grip costante. Aoki sostiene che Pecco abbia patito proprio questo doppio scarto. Ducati non ha diffuso dettagli ufficiali sulle specifiche, quindi parliamo di una lettura tecnica, non di un bollettino di fabbrica.
Un esempio pratico. Nei test, i piloti spesso comparano due pacchetti: EB più aggressivo con molla più sostenuta dietro; EB più permissivo con assetto più alto. Cambia la temperatura della gomma posteriore in tre giri. Cambia il punto in cui inizi a raddrizzare la moto. Su piste con staccate in pendenza o esse veloci, la finestra si restringe. Se sbagli di mezzo grado, paghi un decimo. E in questo campionato un decimo è un mondo.
Il fattore Marquez
Poi c’è la presenza di Marc Márquez. Non è solo velocità sul giro. È un riferimento che ti costringe a spingere dove non spingeresti. Se ti dà un decimo in ingresso, tu cerchi quel decimo col freno motore. Sposti il limite. Rischi più pumping in uscita. Cambi stile. Non sempre conviene nell’immediato, specie mentre l’elettronica si aggiorna di week-end in week-end.
Fonti ed esperienza sul campo lo confermano: nei debrief pubblici, gli ingegneri parlano di finestre d’uso sempre più strette e di correlazione dati-pista come chiave di stagione (si vedano i media brief di Dorna e le interviste tecniche di Ducati Corse; numeri precisi sulle nuove logiche non sono stati divulgati). Il quadro che ne esce è coerente con l’analisi di Aoki.
Alla fine resta una domanda semplice, e scomoda: in una Ducati che corre davanti al tempo, conviene cercare la convergenza su un’unica via o lasciare due filosofie, Bagnaia e Márquez, a crescere in parallelo? Immaginate due linee che entrano nella stessa curva: una tonda, una spezzata. La velocità è la stessa. Ma il futuro, quale traiettoria sceglie?





