Ciò che rendeva Chiodi speciale, oltre alle vittorie, era lo stile di guida. La sua statura minuta lo ha portato a sviluppare una tecnica di guida sopraffina. L'amico comune Gigi Mazzoni lo chiamava "Carla Fracci", tanto era aggraziato il suo muoversi in sella. Merito del Supercross. Chiodi ne è sempre stato appassionato e nei tanti anni trascorsi da Maddii ha avuto la possibilità di allenarsi su un tracciato dedicato, realizzato spianando letteralmente una montagna nella vecchia pista di Santa Maria, vicino alla sede del team a Levane. Chiodi dimostrò un'attitudine tale da convincere Husqvarna a fare un tentativo nel Supercross quello vero, quello USA. Così Maddii organizzò una spedizione a fine '98, per far correre Chiodi nelle prime gare del 1999. Nonostante le difficoltà, Chicco stupì; era costantemente tra i migliori e soprattutto non ebbe alcun timore reverenziale. Il limite era tecnico... In Europa la sua Husqvarna era una bomba, un prototipo cucito su misura per lui, mentre in USA la CR 125 era strettamente di serie, lontanissima dalle prestazioni di quella ufficiale. Sta di fatto che i risultati convinsero Husqvarna a fare un passo ulteriore, mettendo in piedi un progetto dedicato con Chiodi appoggiato al Team Ferracci per correre seriamente la stagione Supercross 2000. Chicco si sarebbe dovuto trasferire in pianta stabile in USA, provando a fare quello che nessun italiano aveva tentato fino a quel momento; e neanche dopo. Quella era l'intenzione, ma le cose andarono diversamente.
L'ultimo impegno europeo di Chiodi a fine 1999 fu il Motor Show di Bologna, all'epoca appuntamento classico per vedere il confronto tra i piloti americani e quelli europei, in un contesto Supercross. Chiodi si schierò con la Husqvarna CR 250, una moto che non godeva di particolari performance, non avendo beneficiato di tutto lo sviluppo fatto da Maddii/Chiodi sulla piccola 125. Ma nonostante il limite tecnico, Chicco guidava da paura. Riusciva a chiudere tutte le sezioni ritmiche come gli yankee, faceva tutti i salti senza alcun problema. Era tra i più veloci, era pronto, era tutto perfetto.
Lo ricordo benissimo; ero presente e avevo 17 anni. Stavo seguendo la gara appoggiato a una transenna posizionata subito dopo l'atterraggio di un grosso triplo salto, accanto a Corrado Maddii. In un attimo tutto cambiò: Chiodi uscì dalla rampa con la moto completamente puntata in avanti, senza la giusta spinta per chiudere il salto e fu costretto a lasciarla andare, allargando le braccia e tirando su le gambe, quasi volesse volare per planare sulla discesa del triplo... Purtroppo ci atterrò sopra, praticamente seduto, fratturandosi tre vertebre e un polso. Fu una caduta molto spettacolare, dovuta a un problema tecnico: si scoprì che un cavo della centralina si era staccato, togliendo corrente alla moto nel momento sbagliato. Un ricordo nitido di quel giorno è ciò che fece Corrado: niente. Non si mosse di un millimetro, non disse una parola, come se non fosse successo nulla; si limitò a guardare Chiodi che veniva soccorso e poi trasportato al centro medico. Un silenzio che tradiva disperazione. Chiodi rientrò mesi dopo, ma non fu più la stessa cosa. Quel giorno non furono solo Chicco e Corrado a perdere un'occasione irripetibile, ma tutto il mondo del motocross italiano. Chissà come sarebbe andata se non fosse successo... La consolazione è che la grandezza di Chicco è e sarà sempre superiore ciò che ci tolse quell'episodio.