Marco Gualdani
31 October 2023

Amarcord: una settimana in California a fare motocross

Il 31 ottobre del 2009 il nostro Marco Gualdani si trovava a Glen Helen per correre il World Vet Champ, dopo una settimana un giro per le piste di motocross della California. Ecco il suo ricordo di quell'esperienza da "sogno americano"

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Fino a qualche anno fa, andavano di moda i viaggi organizzati in America a tema motocross. Compravi un pacchetto, preparavi la valigia con dentro l'abbigliamento da fuoristrada e partivi in direzione Los Angeles. Esistevano diversi "tour operator", cioè attività organizzate in modo da farti vivere un'esperienza immersiva nella tua passione, offrendo un pacchetto comunque simile tra loro: giro esplorativo tra i vari mega shop mitizzati (come Troy Lee, Pro Circuit o Chaparral), tour tra le piste da Supercross private di Case o piloti, esperienze diretta in pista tra i tracciati iconici come Perris, Starwest, Glen Helen o Milestone. A seconda del periodo, poteva capitare anche di assistere a una gara di Supercross. Pensavano a tutto loro: transfer, vitto, alloggio, moto, assistenza tecnica. Era una bella esperienza, a disposizione di tutti i fan del mondo. Per dare un parametro, i prezzi oscillavano dai 2.000 ai 3.000 dollari, in media, per una settimana. E ne valeva la pena, una volta nella vita. Oggi questo tipo di opportunità esistono ancora, ma il "turismo motocrossistico" sembra aver avuto una contrazione, almeno per i fan italiani.

Ma all'epoca era un'attività in forte ascesa e nel 2009 decidi di partecipare di persona a uno di questi viaggi, trovando una collaborazione in RaceSoCal, un tour operator fondato da un ex pilota di motocross inglese, Stephen Heighton, che aveva messo in piedi una bella realtà. L'accordo era quello di inserirmi in un loro pacchetto, a fine ottobre, in modo da poter realizzare una serie di articoli per Motociclismo FUORIstrada (quello principale lo trovate qui sopra). La fortuna volle che in quel pacchetto fosse compresa anche una gara a Glen Helen, il World Vet Champ. Fu un viaggio ricco di esperienze che ho il piacere di condividere con voi, scrivendo di getto tutto quello che mi ricordo a distanza di così tanti anni.

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Prima di allora ero già stato in America per fare motocross, ma sempre nella "costa est"; Budds Creek, Florida, ma mai California, il vero centro del cross USA, almeno in quel periodo. Ci tenevo a fare bella figura e mi feci preparare dalla Pivesso un completo dedicato, che mixava colori, bandiere e simboli italiani e statunitensi: Colosseo, Statua della Libertà, cose così. Avevo fatto fare anche una grafica dedicata per la moto. In USA mi aspettava una Honda CRF250R MY 2010 e ci tenevo che fosse bellissima: mi affidai a Blackbird che realizzò una grafica spettacolare, con le bandiere americane e italiane che si fondevano tra loro. Risultato ottimo. Ricordo che una volta arrivato, chiesi aiuto al meccanico che avevo a disposizione per attaccare tutti gli stickers e lui chiamò a raccolta altri amici statunitensi per condividere lo stupore del nostro crystal, super elastico; una qualità che evidentemente in USA si sognavano. Mi sono sentito orgoglioso del lavoro delle nostre aziende. Ricordo anche che nell'interminabile volo Londra Los Angeles, conobbi un ragazzino che aveva indosso una maglia della Honda e che mi fece compagnia nel viaggio. Mi disse di essere un meccanico di alcuni piloti di motocross amatoriali e che aveva voglia di crescere professionalmente in questo settore. Quel ragazzo era Lars Lindstrom, oggi il Team Manager del Team HRC in America.

Il tour

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Arrivato a Los Angeles sono stato accompagnato alla villetta di Murrieta dove avremmo fatto da base. Casetta classica, con giardinetto esterno dotato di "hot tube" (piscinetta rotonda con acqua calda); ricordo che ogni mattina alle 5 arrivava una signora bionda a preparare una vasca di uova strapazzate e bacon, in grado di tenere a bada lo stomaco fino a sera. Murrieta è una classica cittadina di provincia, quello che la rende speciale è il fatto di essere la residenza di molti piloti professionisti americani. In quei giorni andammo a trovare Tommy Searle e Tyla Rattray, entrambi da poco trasferiti lì per fare il Supercross; il primo con KTM, il secondo con Kawasaki, dopo il titolo Mondiale MX2. All'arrivo ho conosciuto anche il gruppo con cui avrei condiviso quella settimana, c'erano alcuni ragazzi australiani e altri inglesi. Io ero l'unico italiano e questo è stato probabilmente l'unico neo di tutto il viaggio. Per fortuna ho rincontrato il fotografo Pietro Ambrosioni, all'epoca corrispondente per FUORI dagli USA, che oltre a farmi compagnia mi ha insegnato un sacco di cose sulla quotidianità statunitense. Il primo giorno era dedicato allo smaltimento del jet lag e quindi niente moto. Siamo stati a vedere gli shop di Pro Circuit e Troy Lee. Tanta roba, tutto bello, ho spesso un sacco di dollari in magliette e souvenir. Siamo stati anche a vedere alcune piste da supercross private, mentre alcuni pro si stavano allenando. Bellissimo, livello tecnico altissimo, ma spesso in un contesto un po' deludente. Ho iniziato a capire che, su alcune cose, il patinato mondo a stelle e strisce spesso è solo di facciata. La cosa che mi ha impressionato è stata l'area allestita all'interno della pista di Lake Elsinore per permettere a Travis Pastrana di provare a fare il record di salto in lungo con un'auto da rally. La notte di capodanno, infatti, Travis avrebbe saltato con la Subaru WRC dal molo di Long Beach fino a una piattaforma piazzata nell'acqua a 82 metri. Per allenarsi a fare questo doppio incredibile, era stato realizzato un salto di pari dimensioni su terra, appunto dentro la pista da cross di Lake Elsinore che ha una superficie di sviluppo enorme. Le immagini di Pastrana che riesce nell'impresa le abbiamo viste tutti (qui il link), ma vi assicuro che affacciarsi di persona dalla rampa del salto e vedere quanto fosse lontano l'atterraggio (82 metri, oh!) mi mise una gran paura. Ancora oggi non riesco a capire come possa esserci riuscito.

Si gira!

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Finalmente è arrivato il secondo giorno, che significa moto! Ci siamo diretti verso Starwest, a ovest di Los Angeles, una pista pianeggiante, con grandi salti, terreno morbido. Un gran bel posto. Oggi non esiste più, ci hanno fatto una distesa di capannoni industriali, peccato. Credo che Dornoland si sia ispirato molto a questo impianto, a cominciare dalla font del vecchio logo. All'ingresso Stephen mostra una sottospecie di licenza all'addetto, paga (non ricordo quanto, mi pare 35 dollari) ed entriamo. Faccio il primo turno, tutto fantastico. La moto è facile, l'hondina dell'epoca era un giocattolino, la pista esagerata. La cosa impressionante è che in tutto il tracciato c'era personale dotato non solo di bandiera gialla, ma anche di una canna dell'acqua che permetteva di tenere costantemente umido il fondo. Al passaggio dei piloti abbassavano lo spruzzo d'acqua, per poi tornare a spararlo in giro. Riuscite a immaginare il risultato? Pista sempre perfetta. Alla prima sosta parlo con gli altri ragazzi e uno mi dice: "Hai visto quei due panettoni laggiù? Si possono saltare insieme, è un doppio salto". Ti pareva? E ora che faccio? Son qua... Ci provo. Se non me lo avessero detto non ci avrei mai pensato, il salto era oggettivamente stimolante e serviva tutto lo slancio possibile, ma tecnicamente la difficoltà era bassissima. L'ho fatto a tutti i giri, anche perché, rispetto a quello di Pastrana era una cagata. Abbiamo poi girato a Perris, a Milestone e a Pala. Niente da dire, tutto bello, forse solo un po' troppo vento in generale.

Glen Helen

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Ma tra tutte le piste quella che mi ha impressionato di più è stata Glen Helen. Per il contesto, per il tipo di fondo, per i salti e i dislivelli. Ma anche per la discesona centrale, che diventa infinita quando la affronti di persona, e soprattutto per la salita. Ecco, la salita è stata forse la cosa più bella da fare in moto in tutta la settimana americana. Il fatto è che in California il cielo ha un colore particolare, è un blu diverso da tutti, che trovi solo lì. In cima alla salita, poi, si trova una bandiera statunitense di dimensioni galattiche, che sventola per il tanto vento sempre presente. Mettete insieme il tutto e vi ritroverete ad andare su per una salita infinita, a manetta con una Honda, guardando verso l'alto dove vedi quel cielo così colorato e quella bandiera americana che sventola. Difficile trovare una situazione motocrossistica più emozionante.

Ma oltre alla pista, Glen Helen è tante cose. Per esempio si trova una "walk of fame", un percorso piastrellato dove sono incastonati omaggi ai piloti più rappresentativi della storia del motocross americano. Nella foto sopra vedete quello di Ricky Johnson. E poi quella scritta quando entri in pista... "Da qui passano solo i più grandi appassionati di motocross del mondo". Come possono non tremarti le gambe?

Archiviata la parte romantica, girare a Glen Helen era una scelta strategica, in vista della gara del fine settimana. Il problema è che la pista, di fatto, non esiste. L'area è composta da diverse colline collegate tra loro attraverso tagli, raccordi, alternative, che offrono ai gestori una infinità di configurazioni del tracciato. Quindi la pista su cui avevamo girato il giovedì, non era la stessa della gara del sabato.

La gara: 700 piloti tutti in un giorno!

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Ci siamo... È arrivato il giorno della gara a Glen Helen: il World Vet Champ, un evento classico di questa pista; in teoria dovrebbe essere un appuntamento che mette a confronto piloti ormai non più giovanissimi (Vet sta per Veteran), ma in realtà possono correre un po' tutti. Io, all'epoca, non ero certo un veteran, anzi avevo 27 anni, ma ho potuto correre nella Classe +25. Le categorie erano divise per lustri. Quindi c'erano la +25, +30, +35, +40 e così via, fino a +75! All'interno di ogni classe, c'era la divisione tra Novice, Amateur e Pro. In tutto più di 700 piloti iscritti per una gara da fare tutta in un giorno. Impossibile? Macché. Tanto per cominciare le iscrizioni erano entro le 6:30 di mattina, quindi sveglia alle 4... Ma non è stato un problema, dato che quella notte avrò dormito sì e no 5 minuti. Arriviamo in pista al buio, prendo numero e transponder e son pronto. Tiro fuori dalla borsa una vera chicca... Se ricordate, il 2009 era l'anno del mitico Nazioni di Franciacorta, che si era appena disputato. La Maglia Azzurra all'epoca era realizzata dalla Pivesso, che la metteva anche a catalogo. Quindi era alla portata di tutti e già che avevamo il loro supporto per la spedizione americana, decisi di chiederne una personalizzata con nome e numero. Insomma, ho corso a Glen Helen con la vera maglia dell'Italia... Taroccata. Quella maglia è appesa al muro nella mia stanza delle memorabilia, ancora sporca della terra di quel giorno. Non l'ho più usata e mai la laverò.

Torniamo alla gara. Immaginatevi il paddock con 700 piloti iscritti. Una città. Coprire tutta quell'area con altoparlanti sarebbe impossibile e, così, si sono inventati una figata pazzesca: hanno collegato il microfono dello speaker su una radiofrequenza, così ogni camion nel paddock poteva ascoltare la sua voce (e soprattutto le chiamate al cancello delle varie classi) attraverso il proprio stereo e qualcuno si era organizzato con delle casse esterne. Prima di partire con le gare, siamo stati tutti invitati sul piazzale di partenza, dove è stato cantato l'inno The Star-Spangled Banner come al solito dal vivo, da una voce femminile e senza musica. Io sono italiano al 100%, ma devo dire che quello è stato un gran bel momento e si è sentito il patriottismo di un popolo molto unito.

Si arriva al momento della gara e mentre mi avvio verso la partenza, vedo che molti piloti portano in sella le rispettive consorti, dotate di scopa... Una volta dietro al cancello capisco: il fondo non è fatto di terra, ma di cemento e la scopa serve per togliere polvere e detriti.

C'è anche un'altra cosa che non capisco. Vedo intorno a me un sacco di piloti forti. Che ci fanno qui? Io mi sono iscritto nella Amateur, mica nei Pro. Eppure mi sembrava di essermi mosso alla chiamata. E infatti era il momento giusto: per poter far correre tutti, in un solo giorno, si sono inventati un sistema folle quanto geniale. Ogni categoria (quindi +25, +30 ecc) si schiera dietro al cancello, inizia la procedura con bandiera verde, cartello dei 15, poi 5 secondi e il cancello scende. Ma partono solo i Pro, mentre gli altri stanno fermi! Dopo 30 secondi si ripete la procedura e tocca agli Amateur. Quindi ai Novice. In questo modo nel tempo di una sola gara, ne fanno 3! Ricordate quando vi ho detto che la pista di Glen Helen era cambiata rispetto al giovedì? Ecco, la configurazione della gara conformava un giro superiore ai 4 minuti, in modo da permettere di far partire tre categorie insieme. E la cosa ha funzionato, perché raramente si sono incontrati piloti di categorie diverse!

La partenza di Glen Helen la conosciamo tutti: è composta da un rettilineo lunghissimo, che termina con una curva parabolica enorme a destra, su cui campeggia la scritta GLEN HELEN a caratteri cubitali. Io non ero mai partito sul cemento, non avevo la scopa e nel casino non avevo capito neppure se era davvero la partenza della mia categoria, quindi una volta sceso il cancello non sono proprio uscito a cannone... Però ricordo la sensazione dell'accelerazione dopo il via: marcia, marcia, marcia, cambio bloccato. Nella frenesia del momento ho pensato che si fosse rotta la moto, poi ho capito che le marce erano finite. Il rettilineo è talmente grande e senza una frenata da fare in fondo, che arrivi facilmente alla fine di una Honda CRF250R 2010. Nella mia vita non ho mai più vissuto la sensazione del limitatore di una moto in 5a marcia. Alla fine ho chiuso quarto di categoria, mi pare con un secondo e un quarto posto e ho guadagnato un premio. Invece della solita coppetta ho trovato una sorpresa: una foto di me in azione quel giorno, con tanto di cornice di sostegno, la posizione, la data, la pista. Un altro bellissimo ricordo, qui sotto la foto.

Era il 31 ottobre del 2009, 14 anni fa. Quella stessa sera ho partecipato a una vera festa di Halloween, scoprendo che la notte dei mostri in California è una cosa dannatamente seria... Siamo stati a casa di un noto giornalista americano e tra gli invitati c'era anche un certo Ryan Villopoto, vestito da pistolero. Ma questa una storia che vi racconto tra altri 14 anni.

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