Partiamo dal propulsore, totalmente inedito e realizzato da zero per questo progetto. Ovviamente è un monocilindrico, ma non ha nulla in comune con l’altrettanto inedito Superquadro Mono 659 che equipaggia la Hypermotard. L’unico punto di contatto con il resto della gamma è la distribuzione desmodromica, immancabile su una Ducati dall’anima corsaiola. Una scelta voluta non solo per avere un filo conduttore aziendale, ma anche per le prestazioni che questa tecnologia riesce a regalare (qui un approfondimento). Tutto il resto è dedicato, ma anche “segreto”. In Ducati hanno tenuto le bocche cucite in merito alle altre caratteristiche, evitando di parlare di architettura, alesaggio x corsa (e quindi di cilindrata effettiva), numero delle marce (si vocifera che ne abbia soltanto tre!), peso. Quello che si vede da fuori è un basamento compatto ed essenziale, con avviamento esclusivamente elettrico e lubrificazioni separate per il cambio e per il motore. La frizione ha l’attuatore idraulico e il suo coperchio carter è firmato da STM, che offre a catalogo anche un prodotto antisaltellamento (chissà). Dall’altro lato, il guscio accensione mostra tre semisfere che potrebbero essere punti di attacco dello statore, fissato lì per poter montare il rotore all'interno, guadagnando maneggevolezza. Sempre sul coperchio accensione si trova una finestra per regolare il gioco valvole senza smontare il carterino. Salendo, troviamo una distribuzione voluminosa (tipica del desmo), che tra cilindro, testa e coperchio valvole raggiunge un’altezza importante. Nonostante alcune concorrenti utilizzino sulle loro 450 distribuzione monoalbero (Honda, KTM e, di rimando, Husqvarna e GASGAS), Ducati ha scelto di puntare su due alberi a camme (il desmo funziona anche sul mono), come Beta, Kawasaki, Yamaha e TM Moto.