Ancora una volta, i concorrenti impegnati in gara alla Dakar ci hanno dimostrato che oltre a essere piloti sono anche uomini. In questa edizione del rally più duro al Mondo purtroppo non sono mancate le cadute, ma per fortuna abbiamo potuto constatare che, nonostante l’alto livello di competitività, tra i piloti in gara c’è rispetto e solidarietà. L’ultimo esempio è stato proprio quello di
Gonçalves e Quintanilla che, in lotta per la vittoria e la classifica finale, si sono fermati sul tracciato della settima tappa ad aiutare Walkner, a terra dolorante in seguito ad una brutta caduta. Prima di loro, in questa edizione della Dakar abbiamo avuto altri piloti che hanno dato il buon esempo:
Laia Sanz nel corso della 4 tappa si è fermata per aiutare Renet,
Ceci ha assistito (e trainato) Barreda quando la sua Honda lo ha lasciato a piedi, il nostro Francesco Catanese ha prestato i primi soccorsi ad un pilota caduto nel corso della seconda giornata di gara, Farres ha aiutato Faria,
Antoine Meo che ha atteso l'elicottero dei soccorsi al fianco di Simone Agazzi… e questi sono solo alcuni, potremmo andare avanti ancora. Ma è sempre così? Di certo non tra i piloti dei quad: nel corso della sesta tappa ad esempio ci sono stati due ritiri “importanti” Mohammed Abu Issa e Rafal Sonik (il vincitore dello scorso anno). Il primo ha avuto un problema alla sospensioni ed è rimasto insabbiato, il secondo ha rotto il motore durante la prova speciale; entrambi hanno chiesto aiuto agli altri piloti di passaggio, facendosi trovare pronti con le corde, ma la loro richiesta è rimasta inascoltata, nessuno dei piloti di passaggio si è fermato per prestare aiuto! Però è da segnalare che anche tra i piloti dei quad ci sono i “buoni samaritani”: come il cileno Sebastian Palma che ha trainato per oltre 50 km il compagno di squadra Ignacio Casale, il pilota che ha caricato il Catano sul suo mezzo per accompagnarlo al villaggio più vicino in cerca di benzina, o ancora Pablo Luis Bastamante che ha trainato per oltre 200 km Alberto Santiago Ontiveros rimasto a piedi con la sua moto... Ovviamente la direzione di gara apprezza quando un pilota si ferma a prestare il primo soccorso ad un avversario, fermo in seguito ad una caduta, e solitamente, al termine della gara, abbuona al pilota-soccorritore il tempo “perso”. Ci auguriamo che questo rimarrà in mente a tutti i piloti in futuro. Rimane un dubbio (anche sulla scorta di quanto avvenuto a volte in passato): se la direzione gara non restituisse i minuti persi, il fair play sarebbe lo stesso?
Non possiamo esimerci dal fare un po' gli avvocati del diavolo ricordando che stare fermi significa anche riposarsi, e magari lasciar passare piloti che tracciano il percorso e rendono le cose più semplici a chi, invece, partiva davanti. Come nel caso di Gonçalves.
Analizzando a fondo la cosa, emerge il fatto che fermarsi a dare una mano porta più vantaggi che svantaggi. Torna quindi la domanda di prima: se a fine tappa non ci fosse il "bonus fair play", i piloti si comporterebbero allo stesso modo?