Marco Gualdani
29 November 2022

Davide Guarneri: "Ho perso un Mondiale, ma poteva andare peggio"

Dalla felicità della leadership nel Mondiale Enduro3, al letto di ospedale con una frattura cervicale per aver colpito un albero col casco. Davide Guarneri ci racconta l'incidente e il suo calvario, dopo mesi di convalescenza. La strada per tornare in moto è ancora lunga, ma ha finalmente tolto il collare e stabilito i piani per il suo 2023

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I giorni successivi all'infortunio, con collo e busto immobilizzato

Lo abbiamo incontrato a Eicma, dove si è presentato finalmente senza il collare morbido che lo sosteneva negli ultimi mesi. Davide è reduce da un brutto infortunio, rimediato nel round degli Assoluti d’Italia di Passirano, nel momento peggiore della sua stagione, mentre era al vertice del Mondiale Enduro3, alla vigilia del GP d’Italia e con concrete chance di portare a casa il sogno della sua vita sportiva. Invece tutto si è fermato al secondo giro della prima speciale, quando Davide è caduto dopo aver colpito una pianta con il casco.

Oggi ha deciso di raccontarci cosa è successo e come ha affrontato i mesi successivi all’incidente, in una lunga e difficile convalescenza. Per fortuna ora va tutto meglio e si può iniziare a pensare di lasciarsi alle spalle questo infortunio.

La mia situazione è molto migliorata negli ultimi giorni, togliendo il collare ho la possibilità di fare una riabilitazione più tradizionale, meno condizionata dal collare e dal tutelare la frattura, che si è saldata in maniera corretta. C’è ancora strada da fare, perché sono stato fermo tanto tempo, con delle limitazioni importanti e devo fare ancora tutto il potenziamento dei muscoli del collo, la mobilità è già buona ma non completa e anche l’elasticità arriverà col tempo. Negli ultimi 20 giorni ho fatto già tanti miglioramenti”.

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Davide festeggia sul podio del GP del Portogallo, con in mano la targa di leader della classe Enduro3

Hai parlato di frattura; quale è stata la diagnosi all’ospedale?

“Appena arrivato mi è stata riscontrata una frattura del processo vertebrale C7. Poi altri accertamenti nelle 48 ore successive hanno evidenziato anche una frattura composta della vertebra D1. Il tutto sul lato destro del processo vertebrale; questo non ha reso necessaria l’operazione”.

Oltre al dolore alla schiena avevi altri problemi?

“Dovevo stare totalmente immobile, perché se non avessi tutelato il collo ci sarebbe potuto essere uno slittamento e una dislocazione della C7, con possibile interessamento della parte midollare. Questo fortunatamente non è accaduto. Una delle cose più delicate all’inizio è stata che un leggero frammento si era staccato dalla frattura ed era andato a lesionare la radice del nervo del braccio destro. Quindi io avevo una sensibilità molto modificata, oltre che assente, in alcuni punti sulle prime due dita e una risposta muscolare del tricipite un po’ rallentata. Questa è una delle cose che è andata a sistemarsi nel corso di questo periodo e oggi facendo lavori di rinforzamento posso dire di non avere più differenza tra il braccio destro e quello sinistro”.

I tempi di recupero dopo l’incidente sembravano essere più brevi.

“Ci sono state un sacco di voci in giro e sembrava che io potessi rientrare prima. Ma per sistemare la frattura ci sono volute 12 settimane, in più sono stati necessari dei trattamenti per il nervo; una volta sistemata la frattura ho potuto usare il collare più morbido, ma a quel punto non avevo più muscoli nel collo, di nessun genere. Quindi non potevo togliere subito tutto, perché non riuscivo a tenere in piedi la testa. La tempistica è stata allineata alla mia situazione, già prevista dal neurochirurgo che mi ha seguito sin dall'inizio”.

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Ci racconti cosa è successo?

“Nell’incidente ho subito anche un trauma cranico commotivo, quindi non mi ricordo esattamente la caduta. Ho memoria fino alla curva prima. Giudicando i fatti, l’impatto è stato dato da un ramo di un albero che avanzava all’interno della fettuccia di una speciale. Io ho preso il ramo con il casco e ho avuto una compressione che mi ha fatto andare la testa indietro. Questo è quello che sicuramente è successo. Il perché sia successo non è chiaro. Credo, con probabilità, che quel punto sia stato leggermente modificato dopo che erano caduti alcuni paletti, perché io non sono uscito dalla fettuccia e non ho colpito il fusto della pianta”.

Strano che il tuo incidente sia avvenuto al secondo giro, dopo che sono passati tanti piloti e nessuno ha avuto quel problema.

“Ripeto che non si può sapere con certezza cosa sia successo. Ma c’era fango ed era una curva in contropendenza a sinistra. Quindi era facile andare larghi e io, infatti, ho impattato all’uscita”.

Certo che farsi male così tanto, senza cadere è quasi paradossale.

“Io non voglio puntare il dito contro nessuno, però io sono caduto in quel confine tra il ripristinare il tracciato esattamente come era prima o più alla buona. Sfortunatamente io sono transitato tra i primi del secondo giro e, vuoi per la mia altezza, vuoi per la posizione che avevo, vuoi che magari mi sono alzato in piedi sono andato a sbattere; però essendo dentro la fettuccia non mi sento di dire che sia stata colpa mia”.

Dopo la caduta come stavi? Hai avuto paura?

“Il primo ricordo che ho è del papà di Soreca che mi ha soccorso, mentre Davide stava fermando la speciale. Sono arrivati presto anche i medici dell’RMT, cioè i dottori che seguono le gare di enduro in moto. Poi ho qualche fotogramma del viaggio in ambulanza assieme ad Albergoni. Sinceramente sul momento non ero così preoccupato, perché muovevo tutto e avevo feeling dappertutto. Avevo capito cosa potesse essere successo perché avevo dolore, ma mi tutelavo. Mi sono preoccupato di più qualche giorno dopo, quando iniziavano ad arrivare i risultati degli esami che evidenziavano una doppia frattura e comunque un quadro clinico non così roseo in generale”.

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Come l’hai presa? Sei caduto mentre eri in testa al Mondiale Enduro3, in un ottimo momento di forma.

“È difficile rispondere a questa domanda. Perché ci sono due punti di vista. Se penso al lato sportivo, l’ho presa malissimo, perché ho iniziato a lavorare con Fantic l’anno scorso e abbiamo fatto da subito grandi cose, lottando per il Mondiale Enduro1 con Verona e vincendo la Sei Giorni. Quest’anno abbiamo scommesso su un progetto molto acerbo, quello della 300 2 tempi, eppure in poco tempo siamo stati subito molto competitivi, arrivando a conquistare la vetta del Mondiale, vincendo anche tutte le gare degli Assoluti nella classe 300. Ma soprattutto eravamo in una fase di costante miglioramento, con ancora tante cose da provare. Quindi l'incidente in quel momento è stato disastroso e l’ho accusato anche dal punto di vista del morale, considerando l’età e il lavoro che serve per mantenere un certo livello quando non sei più giovanissimo. I primi giorni sono stati molto difficili: dovevo stare fermo immobile e vedevo gli altri che correvano, rendendomi conto che avrei avuto la possibilità di portarmi a casa un titolo Mondiale”.

E, invece, qual è la parte positiva?
“Mi sento di essere stato fortunato. Se il frammento che mi ha toccato il nervo lo avesse lesionato totalmente, o se la frattura si fosse spostata andando a toccare il midollo, sarebbe stato diverso per la mia vita. È questo che mi fa affrontare questa cosa in maniera più positiva. Purtroppo, conosciamo tanti piloti che questa fortuna non l’hanno avuta. Quindi non ho recriminato tanto”.

Come hai trascorso questi mesi di convalescenza?

“Il momento peggiore è stato il primo mese: sono stato praticamente sempre sul divano, dovevano aiutarmi a fare tutto, mangiare, andare in bagno e lavarmi. C’era ancora il dubbio su una eventuale operazione. Passati quei 20 giorni ho potuto iniziare a camminare, pianissimo, col tutore al busto e al collo, ma già poter uscire è stato utile a livello morale. Poi io sono uno che ha bisogno di sfidare sempre sé stesso dal lato fisico, quindi ho tentato di fare quello che era consentito fare, ma il più possibile e al meglio, a livello di riabilitazione e attività generale. Ho cercato di pensare il meno possibile alle gare, perché per come sono andate le cose la mia possibilità di portare a casa il Mondiale era quantomeno possibile. Il mio percorso non è ancora finito e non è neppure chiaro al 100%; per arrivare a essere in forma come prima c’è ancora un passo da fare”.

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E pensare che questa era la 20a stagione da professionista di Davide

Dopo Eicma hai le idee più chiare di quello che sarà il tuo 2023?

“Sì. Prima di tutto devo ringraziare Fantic per i due anni sorprendentemente buoni che abbiamo fatto insieme. Forse neppure io mi aspettavo di poter raggiungere risultati così importanti. Loro hanno rinnovato la fiducia su di me e io sono molto motivato, anche perché sarò coinvolto in un lavoro su vari fronti. Per adesso ho l’obiettivo di tornare il prima possibile a fare i collaudi e sviluppare il prodotto standard, con un supporto sulle moto racing. Successivamente voglio tornare in forma e creare un bagaglio di allenamento simile a quello prima dell’infortunio per competere già nel 2023. Tutti stanno aspettando di capire come sarà la mia guarigione e quale sarà il mio feeling una volta risalito in moto; e anche io”.

Quindi non è finita qua.

“Sto lavorando più di quanto abbia mai fatto negli ultimi anni, per fare in modo che non sia finita qua e dare continuità a quello che ho lasciato incompiuto con Fantic e il Team E50 Racing”.

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