La lezione che Roczen ha dato a tutti merita di essere evidenziata. Il motocross è uno sport ancora umano, fatto di persone capaci di affermarsi per le loro qualità, a prescindere dal contesto. Ma forse nell'ultimo periodo si è virato verso scelte al di fuori dell'essenza della disciplina. L'utilità dei nuovi camion "vetrina" è comprensibile e giustificabile; senza entrare nel merito di sponsor e prestigio, ci vediamo vantaggi pratici nel garantire una costanza di condizioni lavorative a chi vi opera all'interno, indipendentemente dal caldo estivo o dal freddo invernale, rispetto alla classica tenda esposta alle intemperie. Che nel Mondiale MXGP non mancano. Ma questo sta togliendo il contatto tra i fan e le moto, per non parlare dei piloti che adesso non si fanno quasi più vedere, neppure dagli addetti ai lavori. Quanto fatto da Roczen al Nazioni è degno di nota: ha riportato genuinità al motocross, ha ricordato che oltre le vetrate e le parti speciali in magnesio, c'è l'uomo, che conta ancora più di tutto in uno sport bellissimo, proprio perché infangato. Lo ricordiamo quando fino a due anni fa vestiva gli sfarzosi panni di pilota ufficiale HRC nel Supercross… Era bollito, schiacciato da una pressione trasmessa inevitabilmente dal contesto. Malanni, infortuni, ritiri. Sembrava a un passo dal fermarsi definitivamente. Con il team privato HEP Suzuki è rinato, ha vinto dei Main Event, è grintoso e, soprattutto, sorride… Quindi non posso non chiedermelo: è Roczen a essere particolare, o un passo indietro farebbe bene a tutti? C’è da rifletterci. Intanto grazie Ken.